Wednesday, April 30, 2008

Kite Travel in Venezuela

  • 24 DICEMBRE 2007 ROMA-LISBONA-CARACAS-ISLA MARGARITA
  • COMPAGNO DI VIAGGIO WEL
  • 13 GENNAIO 2008 ISLA MARGARITA-CARACAS-LISBONA-ROMA


Viaggio in Venezuela



Dopo aver preso le solite info. Su vento spot e luoghi da visitare , e non tenendo conto delle raccomandazioni degli amici, parenti ecc. su Caracas che è città da evitare per l’alto rischio criminalità, si stabilisce la data per il nostro kitetravel.

24 Dicembre 2007 Wel ed io atterriamo a Caracas; nonostante la brutta sorpresa per le valige mancanti , non ci perdiamo d’animo e presa confidenza con il ritmo lavorativo del sud America , espletiamo le pratiche per la richiesta dei bagagli, uscendo così a tarda sera dall’area protetta certi della possibilità di ricevere il materiale al massimo entro 3gg. Prima di sottoporci al solito assalto di chi si propone quale taxista ufficiale, portabagagli o cambia valuta in nero, mi allontano dal mio compagno di viaggio per recarmi nel bagno del terminale; scorgo dietro la porta socchiusa degli attrezzi un tizio intento a contare un pacco di valuta corrente, mi avvicino e scherzando gli propongo di aiutarlo a diminuire il volume della sua carta moneta con pezzi singoli da 100€, ne esco poco dopo con seimilionitrecentomila bs (900€ cambiati a 7.0).

Divido il danaro con il mio amico, felice per il cambio favorevole, e saliti a bordo di un taxi anni 70 il cui potente V8 ci fa venire in mente il bassissimo costo della benzina (0,45€cen), percorriamo la ripida autopista verso l’altopiano a ritmo di Reggaeton. Usciti dal tunnel negli occhi una miriade di stelline, pensiamo a un fattore pressorio (Caracas è a 1000metri dall’aeroporto Simon Bolivar posto sul mare); mi ravvedo e dico: guarda Wel sembra un gigantesco presepio!! , ma il tassista ci spiega che quella miriade di luci corrispondono alle favelas brasiliane , da dove scendono le bande e i disperati dei ranchos . Consiglia di rientrare in hotel per le 21,00 perché la città cambia e(con essa la gente) non è difficile imbattersi nelle sparatorie , tanto da identificare Caracas come la seconda città più pericolosa dell’ America Latina dopo Bogotà.

Così l’emozione data da quel cielo notturno riflesso sulla montagna, viene sostituita dalla presa di coscienza di una realtà ben più oscura. Benché consapevoli delle difficoltà che avremmo trovato sul posto , condizioni igieniche non buone, scarse comodità e soprattutto, un alto indice di delinquenza, non ci lasciamo spaventare , e con pieno spirito di avventura chiediamo di essere portati ai confini del quartiere Gransabana lontano dai più sicuri e moderni quartieri di Mercedes ed Altamira. Dalla finestra della posada la vista di molte persone tra il mercatino antistante ed i piccoli negozi tenuti come bazar ( tipici di questi quartieri) dove si possono trovare cose di ogni genere, ci invoglia ad uscire. Ma una volta in strada ci ritroviamo in una dimensione per me difficile da raccontare; seduti a terra e sui bordi dei marciapiedi (ricettacolo di sporcizia e infezione) molti ragazzi chiudevano pacchi natalizi con carte regalo di fortuna, altri realizzavano bigliettini augurali disegnando fiori e frasi su pezzi di cartone ritagliati dalle scatole accatastate fuori dal mercato della frutta, chiuso già da due ore.

Questa ed altre scene che qui non sto a precisare, ci ricordano che su tutte le latitudini ci sono persone che pur avendo poco o nulla, il Natale lo vivono come un giorno per donare Amore con un valore che prescinde dall’oggetto con cui “transita”. Così per pudore e rispetto nei confronti di molti popoli che vivono realtà a noi lontane decidiamo di non documentare con foto o filmati. Con la speranza che almeno questa notte ci sia pace e tolleranza, senza rendercene conto, commossi e frastornati dalla difficile realtà, camminiamo sino a perderci in una città oramai deserta. Sono trascorse più di 27h dalla partenza ma la fame ed il sonno vengono attutiti dalla voglia di socializzare; decidiamo di entrare nell’unico locale aperto del quartiere ; quello che per molti potrebbe essere identificato come un o dei peggiori bar di Caracas, è per noi un luogo dove incontrare gente comune che nonostante la stanchezza per il duro lavoro giornaliero, ci coinvolge nel bere e con il susseguirsi dei tanti brindisi, si finisce per parlare di calcio politica musica e donne. Se non fosse per il fatto che abbiamo pagato per 2 bottiglie di birra 0,75€cen sembra di essere in Italia. Intestato il mio nobile havana, mi avvicino a due ragazzi che festeggiano sulla strada con baule e sportelli della loro auto aperti, forse per meglio pubblicizzare il fortissimo suono della loro musica sino ai confini della Colombia !(finiremo per scoprire che in Venezuela c’è un inquinamento acustico dato dal costante e fastidioso suono degli allarmi che ad ogni passaggio delle “autojubox” si avviano e vi segue sino sulla spiaggia…) chiedo:<<>>. Una volta rotto il ghiaccio ci offrono da bere e cordialmente dopo aver sentito che eravamo digiuno, propongono di accompagnarci in auto in una balera tipica venezuelana dove alla assordante musica si unisce il piacere di gustare El Cacique , mentre fra i tavoli volano su tacchi vertiginosi stupende ragazze dalla tipica sensualità latina.


25 Dicembre 2007 Con un jat-lag di 6h scendiamo in strada quando la città ancora dorme, cosi in attesa dell’apertura dei musei, ci sediamo in un caffè. Qui in compagnia di un tassista stanco dal turno appena terminato, due prostitute assonnate ed un tenero vecchietto dai vestiti bisunti che si vedeva offrire una bevanda calda senza proferir parola, mettiamo a punto il percorso e le tappe per i siti da visitare. L’eroe nazionale Simòn Bolivar è una presenza costante nel centro di Caracas, a ogni angolo si trovano luoghi che evocano la sua vita. Desiderosi di scoprire dove nacque ecc., ci mettiamo sulle sue tracce partendo dalla metropolitana Campitolio/El Silencio. Presa l’uscita El Campitolio , usciamo proprio nell’affollato mercato dove ci siamo sentiti coinvolti con il ritmo della città , acquistato il quotidiano ed alcune spezie, seguiamo per Av. Universidad sino a raggiungere la Iglesia de San Francesco, qui in rispettoso silenzioso ricordo le tante persone bisognose vedute in strada la notte della vigilia. Wel mi fa notare che proprio in questa chiesa coloniale S. Bolìvar fu dichiarato El Liberator.

Dalla chiesa in cui si svolsero le onoranze dell’eroe, pieghiamo a sinistra e percorsi due isolati, vediamo la casa natale oggi museo, purtroppo solo dall’esterno in quanto chiusa per restauro. Possiamo però soddisfarci con la visita al museo posto poco più avanti sempre dedicato a Bolìvar: piccolo ma eccellente, spiega le istanze del movimento per l’indipendenza con un gran numero di cimeli bolivariani. Da qui verso nord per un isolato e uno ad ovest per arrivare al cuore simbolico della città vecchia, Plaza Bolivar! Ci sono caraquenos che chiacchierano , bambini intenti a dare grano agli ardillas (scoiattoli neri che vivono tra gli alberi della piazza). Al centro c’è il monumento al generale S. Bolivar(foto1e2), Wel mi spiega che questa grande statua equestre fu fabbricata in Europa, trasportata in Venezuela e poi assemblata e inaugurata nel 1874, dopo che la nave sulla quale viaggiava affondò nell’ Archipièlago de Los Roques.

Questa piazza è uno dei luoghi preferiti dai visitatori politici e dai profeti religiosi, che tengono i lori infervorati comizi e sermoni a un pubblico di passanti( se non ci fosse la “stretta” presenza dalla gendarmeria di Chàvez, sembrerebbe di essere ad Hyde Park). Per caso noto la scritta Campitolio posta sul parabrezza di un Carrito, (piccoli autobus pubblici disastrati, che a fatica circolano su tutto il territorio, coprendo zone che vanno dai sobborghi alle aree metropolitane), alzo la mano e prontamente rallenta facendo segno di salire in corsa. In bilico sui gradini cedevoli per l’usura, chiedo di accostare così da permettere al mio amico di salire; l’autista conscio che per ripartire in salita dovrà chiedere un ulteriore sforzo all’ormai stanco motore, si ferma proprio nel bel mezzo del incrocio; Wel stupito! e con un po’ di amarezza perché costretto ad interrompere la ripresa, attraversa la strada per raggiungerci, sopportando l’assordante clacson di disappunto delle altre auto. Pagata la modica somma di 1bs Fuerte salutiamo augurando buon natale, l’autista si volta ringraziando con un sorriso. A destra del Campitolio Nazional scorgiamo un piccolo cancello da dove si può entrare per vedere il Salòn Elìptico, la sala ovale del Congresso, abbellita da scene delle gloriose battaglie combattute da Bolìvar. Tornati indietro sino alla plaza ci dirigiamo a sinistra sino a scorgere una curioso edificio dipinto di giallo; notato il mio sguardo curioso, Wel leggendo i cenni storici dai suoi preziosi appunti, mi spiega che in origine era una prigione reale tristemente nota, oggi sede del Ministero degli Affari Esteri. Prendiamo la strada che va a nord verso Santa Capilla , dalla chiesa percorriamo un isolato verso est, poi girando a sinistra sul viale pedonale punteggiato dalle cabine telefoniche e caratterizzato dai molti anziani che giocano a scacchi, lo percorriamo tutto sino a trovarci sotto un ponte basso dove notiamo artisti locali vendere le loro opere.

Alzato lo sguardo vediamo il Panteòn Nacional che si erge maestoso in cima a una lunga scala, qui si trova la stravagante tomba del Libertador , che occupa il posto d’onore ed è fiancheggiata da quella di altri venezuelani illustri. Trascorse due ore e mezzo nella città, Wel mi propone di vederla dall’alto, cosi ci portiamo alla base della teleferica dove siamo costretti a fare una lunga fila sotto il sole , sacrificio ricompensato dalle vedute mozzafiato che dal monte El Avilla (2175m) si aprono sulla città di Caracas da un lato e lo straordinario panorama della costa del Mar dei Caribi dall’altro(foto3e4). Da qui c’è la possibilità di scendere con l’altra linea di 7,5Km a Macuto sulla costa, ma a causa del freddo decidiamo di ridiscendere ammirando con stupore la lussureggiante foresta sottostante.

26 Dicembre 2007 Aeroporto di Porlamar Isla Margarita , dopo aver anticipato di tre giorni il rientro al fine di vedere la parte di Caracas moderna, quella dei quartieri ricchi per intenderci, ci precipitiamo verso il deposito bagagli per avere notizie sulle nostre valige. Ci dicono di telefonare l’indomani per sapere se sono arrivate con uno degli altri voli ; dal giorno seguente delusi per il mancato servizio telefonico , siamo andati per sedici giorni tutte le mattine in aeroporto dove ci siamo sentiti dire: arrivano con il prossimo volo… Disagio che ci ha visto costretti ad affittare il materiale non sempre rispondente a quelle che sono le caratteristiche richieste dal nostro livello di kiters. A cinque minuti di taxi dall’aeroporto di Porlamar c’è lo spot di El Yaque , dove i kiters vivono una scomoda realtà. La spiaggia è da sempre monopolio delle scuole di windsurf che non permettono di armare le nostre ali (in nessun momento del giorno, al contrario di quanto riportato su alcuni siti promozionali…) per di più la piccola area a noi dedicata vede spesso la presenza di bagnanti che non lasciano spazio a manovre.

La zona in questione è per altro posta sotto una sporgenza di roccia che si protende in mare per 100m circa, causa di “buchi” di vento che non aiutano il lancio, specie per chi è alle prime armi. Spesso siamo stati costretti a portarci in mare con l’ala sotto braccio , rilasciarla a 35m dalla costa dove il vento è side-shore e rilanciare come si fa notoriamente dall’acqua(foto5). Delusi da questo spot ci uniamo ad un gruppo di escursionisti che salpano alle sette di mattina da Puerto Guamache per l’ Isla Cubagua, il lancero ci dice che lo spot è poco frequentato ed è raggiungibile in circa 45 minuti di navigazione, inoltre troveremo un vento side-off con acqua piatta ma non entrerà prima delle 13,00.

Ne approfittiamo per fare una tappa a Bahia El Guamache , quì è possibile visitare il Parco(foto6), ci consigliano di percorrere in canoa uno dei canali che attraversa la selva di mangrovie sino ad arrivare alla spiaggia dei Flamingo rosa da dove è possibile ammirare gruppi di fenicotteri rosa formare visibili macchie colorate nel mare azzurro. Spettacolo che purtroppo ci è stato raccontato, a causa di un taglio sul tallone (riportato durante lo sbarco), Wel ed io siamo stati costretti a recarci verso l’ingresso del parco dove abbiamo sì usufruito dei servizi di pronto soccorso ma subito la presenza di stranieri che con le loro camicie a fiori invadevano le spiagge rendendole ancor più commerciali. Ci siamo ripresi solo alcune ore più tardi quando come promesso dal nostro lanceros, si è alzato il vento, ed abbiamo potuto sfrecciare completamente soli nella bahia di Cubagua(foto7e8).

Siamo tornati “sull’ isola della pace” altre volte proprio per sfuggire al turismo di massa. Altra interessante alternativa è Isla Coche: spot molto bello abbastanza frequentato sopratutto da kiters di livello medio-esperto, tappa del mondiale PKRA, è situata a 6,3miglia da Playa El Yaque sulla costa sud di Isla Margarita. Raggiungibile in circa 30minuti di barca da El Yaque e Porto Guamache, si sviluppa lungo una superfice di 13km ed ha una popolazione di circa 700 abitanti che vivono di pesca ed artigianato. Il principale centro abitato è San Pedro, ma noi siamo rimasti attratti dalla Playa La Punta , dove l’ampia distesa di sabbia bianca, cinge come un grande abbraccio la bahia costantemente accarezzata da un vento off-shore.(foto9e10)
7 Gennaio 2008 Sono trascorse due settimane,nel ristorante El Rancho de Pablo (Av.Raùl Leoni un piacere “scoprirlo”) seduti al tavolo sotto la tettoia battuta dalla pioggia, mentre il buon Pablito ci prepara il nostro piatto preferito(mero arrosto con patate)(foto11e12), facciamo il punto della situazione:1-niente materiale personale che ci permette di azzardare nuove manovre (la cicatrice ancora presente su di me allarma per la superficialità con cui è fatta la manutenzione dei materiali dati in affitto);2-oggi il cielo è coperto e le previsioni sono pessimistiche per l’ intera settimana,(se accadrà non resterà tempo per altre uscite);3-lo spot di Playa el Yaque “non lo digeriamo” (anche se mette un po’ di vento qui non sarà gran ché!).Terminata la cena appagati per il buon pescato, ecco rispuntare i preziosi appunti di Wel; Abbiamo la possibilità di tornare sul continente e trascorrere i restanti giorni in viaggio fra Salto Angel e le escursioni della Gran Sabana oppure restare sull’isola Margarita a praticare Trekking, Rafting e scoprire nuove emozioni con il Bungee Jumping.

Decidiamo per quest’ultima possibilità che ci vedrà affrontare con ritrovato entusiasmo gli scomodi temporali. Decisione che lascerà il segno per la scoperta di nuove emozioni provate in pieno spirito del Kitetravel.
9 Gennaio 2008 Meno due giorni alla partenza, inaspettatamente arriva la notizia che<<>>:due valige nere lunghe attendono d’essere riscattate in aeroporto ( foto13).Distesi su un piccolo ponte sopra un rio, fisso le pinne alla mia tavola, una specie di ribollire dell’acqua attira la mia attenzione. In un primo momento non capisco cosa sia, data l’ora e la scarsa visibilità, la poca luce dell’illuminazione pubblica fa pensare al movimento dell’acqua o a scarichi. Vedo meglio e scopro che sono larve di zanzare che infestano lo specchio d’acqua, talmente tante che l’acqua sembra che bolla, penso alla terribile Dengue che queste portano.

Per tenerle lontane accendo il mio solito Havana,( amo fumare con tutto il tempo che questo richiede, un modo per far sorgere i pensieri e assaporare la vita), contemplando le volute di fumo ecco l’ispirazione!! L’estate scorsa in Grecia ci siamo stretti la mano con la promessa di ripetere la Mission in Kite da un isola all’altra, quale miglior occasione per alzare l’adrenalina!?. Dopo aver preso le giuste informazioni su direzione del vento e rotta da seguire, Wel ed io siamo d’accordo sul fatto che l’isola di Coche non è poi così lontana… La notte che segue è segnata dal solito allarme che ci accompagna ormai dai primi giorni, in realtà non c’è molta voglia di dormire. Neanche fosse un turno programmato, ci alternavamo alla finestra come due sentinelle , ma le fitte nubi non lasciavano spazio alle stelle. Alzati di buon ora il primo sguardo cade oltre la finestra, piove anche oggi!.Il giorno è segnato dalla solita perturbazione (momenti di sole alternati a pioggia),cosa che non ci impedisce di salire su un Tepui (montagne di arenaria con la sommità pianeggiante e le pareti ripide) da cui si può scorgere Punta Cabo Negro. Restati in zona, scendiamo a Playa Puerto Abajo dove al calar del sole ci rilassiamo con un aperitivo preso sotto le palme, mentre in lontananza risuonava il solito reggaeton. Ripariamo a notte fonda; seduti sul letto con lo sguardo nel vuoto, avvertiamo il disagio di dover riporre il materiale nelle valige da poco ricevute.

11 Gennaio 2008 Ultimo giorno sull’isola Margarita, mi sveglio con un forte calore sul lato destro!, penso a una delle manovre mal riuscite nei giorni scorsi , ma aperti gli occhi noto che la tenda è tutta tirata. Non capisco il motivo visto che Wel ancora dorme, così svogliatamente mi porto ai piedi del letto per accostarla, quando all’improvviso un colpo di vento me la strappa di mano… Per tutti gli dei!!!. Con lo sguardo fisso sulle palme poste ai lati della strada, percorriamo i 30km che separano l’ Av. 4de Mayo con il pontile di Playa el Yaque, senza commentare l’inaspettata giornata di vento e sole (forse, per paura di rompere l’incantesimo ). Arrivati sullo spot, gonfiamo ed armiamo i kite con un occhio sull’isola Coche che oggi non è molto visibile. Direzione e forza ci sembrano essere buone, ma se quella foschia è indice di mancanza di vento, rischiamo di rimanere a largo. Da soli non è consigliabile , sul mare oggi non c’è movimento, mentre in profondità…, meglio non pensarci!, il tempo dei giorni scorsi ha interrotto le corse fra le isole, ferma anche la pesca . Questo ci impedisce di trovare una barca d’appoggio, la tensione è tanta , corriamo inutilmente sul pontile chiedendo se ci sono spedizioni di merce o tour in partenza con rotta Playa La Punta. Da sotto un capanna adibita a bar, un margaritegno nota la mia affannosa ricerca. Dopo averlo convinto della serietà delle mie intenzioni, si propone di arrivare fino giù al villaggio per ingaggiare uno pescatore di sua conoscenza. Percorro freneticamente il pontile , alternando lo sguardo dall’isola al mio orologio (regalato da mia madre come portafortuna di viaggio ), ore 12,55 del 11/01/08 sono trascorsi quindici minuti, dei venticinque concessi al ragazzo.

Una morsa allo stomaco, non credo ai miei occhi! el chico corre a piedi nudi sulla stradina avvicinandosi rapidamente. Chinatosi per poggiare le mani sulle ginocchia, alza il capo e con voce affannata; <>. Le valige sono già chiuse con perizia per sfuggire ai controlli doganali , ci è permesso una sola bottiglia di rum ed una di sigari. Il volo che segnerà la fine delle uscita in kite, almeno sino a primavera, è alle 19,25. Accettare questa amara sconfitta ci sembra impossibile, torniamo vicino alle nostre barre per riavvolgere i cavi. Un ultimo sguardo alla parte estrema dell’isola di Coche, dove saremmo dovuti atterrare.Ore13,15 Due miglia a largo e sopravento alla rotta ideale, si intravede una piccola barca. Mi volto verso le bandiere; sono ancora tese. “Sento” che Wel è con me!.Via in mare ad affrontare il primo tratto più velocemente possibile, non c’è tempo per salti o manovre, dobbiamo portarci all’incrocio con quel natante solitario. E’ indispensabile accostarlo da sottovento altrimenti rischiamo che non ci veda. Attento a valutare la rotta e la velocità con cui naviga, seguo anche Wel che muove al traverso . D’improvviso avverto una pressione fortissima sulle gambe, distratto non ho visto arrivare un’onda anomala che chiudeva su di me, tiro velocemente la barra a dritta, e ne esco con un salto mozzafiato. Sotto di me la tavola resta ad avvitarsi nella schiuma. Planando gradualmente ammaro nelle buie e profonde acque del Oceano Atlantico, con il corpo immerso per metà, avverto una sensazione di impotenza...

Senza esitare inizio la manovra di avvicinamento, e dopo due “lunghi” bordi, recupero la tavola. Wel preoccupato sfrecciava a sinistra puntando su di me , ma rassicurato da un mio segnale, virava per tornare in rotta. Nonostante il sole accecante, riesco a distinguere il nome sullo specchio di poppa, Los Hermanos si allontana alla mia dritta incurante di noi, senza quella distrazione sarei riuscito a passare sulla sua prua per chiedere appoggio(foto14). Ora l’isola di Coche non ha più il velo grigio, soli ma oltre la metà della traversata, non resta che proseguire. Ore 13,37 mentre Playa La Punta collima perfettamente con la prua della mia tavola, abbiamo una caduta di vento di 5/7nodi, iniziamo a muovere i nostri aquiloni per non perdere il tiro. A meno di due miglia dalla lingua di terra che chiude la splendida bahia, avverto una fitta sulla parte interna del mio braccio destro, maledetta Epitrocleite. Stringo i denti e con le braccia stanche doppio felice Playa La Punta. Ore 14,07 con un vento appena sufficiente anche Wel scivola su questo specchio d’acqua dal fondale corallino, con razze squali e molti altri pesci, che definiscono la Bahia. Il tempo sembra essere sospeso…senza dubbio dai paesaggi da togliere il fiato. Viro di 180°! dalla tavola si alza una fascia d’acqua con diverse sfumature di blu… colori surreali del mare.

13 Gennaio 2008 accanto alle scale mobili vedo vertiginosi ascensori, intorno ricche vetrine vengono ispezionate da ragazzi vestiti alla moda. Affacciati da uno dei pianiterrazza seguiamo le lezione di fitness date gratuitamente dabasso nella grande piazza interna, sembra di essere a New York o in qualsiasi altra metropoli globalizzata. Nel centro commerciale di San Ignazio, brindiamo ancora alla nostra Mission!, domani rientriamo in Italia ma il sorriso è ancora stampato sui nostri volti. La notte trascorsa in questo quartiere ci ha fatto conoscere persone economicamente e politicamente esposte, con esse abbiamo scoperto che non siamo più invidiati per il patrimonio culturale ecc., ma spesso derisi per le attività politiche non qualificanti. Quello che più duole è sapere dei molti emigrati, che unici portatori di orgoglio patriottico Italiano, sono costretti a rinnegare i propri natali!!cosa deprecabile, ma a tutt’ oggi necessaria per la sopravvivenza delle loro aziende all'estero.

Per chi si recasse nello splendido Venezuela, ricordate che “ci sono tre tipi di uomini coloro che Vivono, coloro che muoiono, e coloro che vanno per Mare (Platone).” Dunque muovetevi con lo spirito del viaggiatore per Vivere le esperienze di vita quotidiana con tutto quello che ne verrà… per chi andrà più per praticare Kite, meglio un trip a bordo di una barca a vela che vi porterà a contatto con gli elementi della natura, arcipelaghi e coralli; sarete liberi di vivere il Mare in posti da sogno! (foto15e16)

So Bancher G.